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giovedì, Gennaio 23, 2025
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Tariffe fibra: la ricetta per i pasticci all’italiana che ingolosirà i liberisti

Le nuove regole per la rete unica di telecomunicazioni in Italia: verso una deregolamentazione dei prezzi d’accesso alla fibra?

Mentre si stanno portando avanti le trattative per la creazione della rete unica di telecomunicazioni in Italia, si sta iniziando a discutere anche dei possibili cambiamenti nelle “regole del gioco”. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alessio Butti, responsabile del dossier, ha condiviso le sue idee sul tema con il quotidiano il Sole 24 Ore. Secondo Butti, è necessario “allineare anche l’Italia al resto d’Europa, cambiando l’approccio regolamentare” riguardante le reti in fibra e superando la regolamentazione dei prezzi d’accesso all’ingrosso.

L’idea di base è che le tariffe per l’utilizzo della fibra non dovrebbero più essere stabilite dal regolatore, ma dovrebbero essere lasciate libere, in modo da riflettere la scarsità e garantire un adeguato ritorno sugli investimenti, che sono sempre più necessari. Solo così, secondo Butti, sarà possibile “contenere l’utilizzo di soldi pubblici, ridurre i tempi di copertura e creare più innovazione in un settore che è il motore dell’intero sistema economico”. A prima vista, questa ricetta – deregolamentare per dare spazio al mercato – sembra molto interessante per i sostenitori del libero mercato. Ma qualcosa non torna.

Butti sostiene giustamente che sia la Commissione europea che molti regolatori nazionali stanno gradualmente abbandonando l’approccio interventista nel controllo dei prezzi d’accesso. La regolamentazione delle tariffe di rete era stata pensata come strumento per accompagnare la transizione dai monopoli pubblici al mercato. Questo percorso sembra essere ormai concluso. Inoltre, esiste una pluralità di modelli di business, tra cui quello degli operatori “wholesale only” (cioè che gestiscono le reti ma non vendono servizi ai consumatori finali). A differenza degli operatori verticalmente integrati, questi soggetti non hanno alcun vantaggio nell’utilizzare la rete in modo anti-competitivo, perché il loro obiettivo è aumentare il traffico e non catturare valore nei mercati a valle o impedire l’accesso ad operatori alternativi.

In teoria, queste considerazioni sembrano valide anche per l’Italia. Tuttavia, il nostro Paese è da tempo al centro di un esperimento senza precedenti in Europa: superare la concorrenza infrastrutturale per creare una rete unica. Questo progetto sembra essere ormai alla sua fase finale. È quindi singolare che il sottosegretario sottolinei come i due maggiori investitori nelle reti di ultima generazione in fibra, entrambi partecipati dalla Cassa depositi e prestiti, si concentreranno solo sulla gestione dell’infrastruttura. Il problema è che se la rete unica andrà avanti, ci sarà solo un operatore. Ignorare questa consapevolezza mina la proposta fin dall’inizio.

Lo stesso documento della Commissione europea, la Gigabit Recommendation, citata da Butti a sostegno del suo ragionamento, afferma che l’archiviazione dei vincoli sui prezzi all’accesso è possibile solo se esiste un adeguato contesto di mercato. I regolatori nazionali devono allentare la regolamentazione dei prezzi solo se la concorrenza è sufficientemente tutelata, per evitare che la libertà tariffaria si traduca in prezzi eccessivi o altri abusi nei mercati caratterizzati da potere di mercato. In altre parole, più si spinge verso la rete unica, più bisogna rafforzare la regolamentazione. Al contrario, la concorrenza infrastrutturale ha permesso di applicare una maggiore flessibilità dei prezzi rispetto a quanto fatto in passato.

Il governo italiano ha ribadito nella Nadef il progetto di acquisire partecipazioni strategiche nei settori chiave per la modernizzazione e digitalizzazione dell’economia, come le reti di telecomunicazione, e di adottare politiche innovative per lo sviluppo delle infrastrutture. La proposta di deregolamentazione potrebbe essere un’ottima idea, se non significasse dare carta bianca al monopolista pubblico che sta per essere ricostituito.

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