Il settore del petrolio sta vivendo una ripresa significativa dopo il crollo dovuto alla pandemia. A dicembre 2021, il prezzo del petrolio è aumentato del 13% rispetto alla fine del 2019. Allo stesso modo, il rame e il cotone hanno registrato un enorme aumento dei prezzi, rispettivamente del 57% e del 58%. A questi rincari si è aggiunto anche il costo dei trasporti marittimi, che è rimasto elevato nel corso dell’anno scorso.
Un altro fattore che ha contribuito all’aumento dei costi per le imprese è l’impennata del gas naturale in Europa. Nel corso del 2021, il prezzo del gas naturale è aumentato del 423%, più che quintuplicando il suo valore. Questo ha portato a un aumento significativo dei costi energetici per le imprese industriali, con una previsione di spesa di 37 miliardi di euro nel 2022, rispetto agli 8 miliardi del 2019.
Tra i paesi europei, l’Italia è particolarmente esposta all’aumento del prezzo del gas naturale a causa della sua dipendenza da questa fonte energetica. Nel 2020, il gas naturale ha rappresentato il 42% del consumo totale di energia in Italia, seguito dal petrolio al 36%. Questo è superiore al Regno Unito con il 38%, alla Germania con il 26% (che fa un ampio uso del carbone), alla Spagna con il 23% (che si affida principalmente al petrolio) e alla Francia con il 17% (che si basa sull’energia nucleare).
Nonostante il significativo aumento delle fonti rinnovabili in Italia, che rappresentano l’11% del consumo energetico, meglio dell’8% in Francia, il gas e il petrolio continuano a giocare un ruolo importante. Altri paesi dell’UE sono più avanti nella transizione verso le energie rinnovabili, con la Germania al 18%, il Regno Unito al 17% e la Spagna al 15%.
L’alto consumo e la dipendenza dalle importazioni energetiche comportano una grande fattura energetica per l’Italia ogni anno. Nel 2020, l’import netto di energia è stato di 23,4 miliardi di euro, di cui 14 miliardi per il petrolio e 8,9 miliardi per il gas naturale. Nel 2021, a causa dell’aumento dei prezzi, questa cifra è aumentata notevolmente, raggiungendo i livelli più alti mai registrati.
I prezzi al consumo dell’energia in Italia seguono le oscillazioni della quotazione del petrolio Brent. Si prevede che il prezzo del petrolio diminuirà gradualmente nel corso del tempo, portando a una riduzione dei prezzi energetici in Italia.
Secondo le previsioni della Banca Mondiale, a condizione che le tensioni geopolitiche in Europa si normalizzino, il prezzo del gas si modererà in parte nel 2022 e continuerà a scendere nel 2023. Tuttavia, anche in questo scenario ottimistico, i prezzi rimarranno molto più alti rispetto al 2019.
L’aumento dei costi per le imprese ha comportato una compressione dei margini operativi, poiché è difficile trasferire completamente i rincari delle commodity ai clienti. Questo ha colpito maggiormente i settori che producono beni di consumo e quelli che richiedono un alto consumo energetico.
I settori più colpiti dall’aumento dei costi energetici sono la lavorazione di minerali non metalliferi, la metallurgia, la chimica, la lavorazione della carta e del legno e la gomma-plastica. Secondo l’ISTAT, il costo degli input è aumentato del 10,4% nei primi nove mesi del 2021, mentre i mark-up sono diminuiti del 1,7%. I modesti aumenti dei prezzi alla produzione non sono stati sufficienti a compensare la compressione dei margini.
Un’altra questione correlata all’aumento dei costi delle