Quanto peseranno il conflitto in corso tra Israele e Hamas e il sabotaggio del gasdotto sottomarino tra Estonia e Finlandia sui prezzi dell’energia? Martedì 10 ottobre, complice la notizia dell’incidente nel Baltico, il prezzo del gas è schizzato a 49,4 euro al MWh, con un aumento del 12,4%. Il giorno successivo, le quotazioni del gas sono partite in calo: al Ttf di Amsterdam, mercato di riferimento del combustibile, i futures sulle consegne di novembre sono scese del 3,26% a 47,84 euro al megawattora. “Allo stato dei fatti, il nuovo conflitto in Medio Oriente non dovrebbe avere ripercussioni notevoli sui mercati energetici, ma c’è sempre il rischio di escalation che incombe”, sostiene Ben Laidler, global market strategist della community di investimenti di eToro. E in questa eventualità, sì: si avrebbero effetti rilevanti anche sulle quotazioni di petrolio e gas, e di conseguenza sulle bollette delle famiglie. “D’altra parte, i prezzi di gas e petrolio tendono al rialzo da qualche tempo. Se le quotazioni dovessero aumentare ci saranno sicuramente delle ripercussioni sull’inflazione”. Che a questo punto, può rivestire il ruolo della variabile “impazzita” dei prossimi mesi.
**L’incognita delle importazioni di Gnl**
I timori per le quotazioni del gas sono dovuti soprattutto alla decisione di Israele di interrompere la produzione del giacimento offshore Tamar (di proprietà di Chevron), che esporta gas verso l’Egitto e la Giordania, oltre a sostenere i consumi domestici di Israele. In particolare, lo stop al maxi giacimento rischia di avere ripercussioni sull’export del gas naturale liquefatto (gnl) egiziano in Europa. Il Gnl prodotto dal giacimento di Tamar rappresenta circa l’1,5% dell’offerta mondiale. “L’Europa e l’Italia sono ancora molto dipendenti dalle importazioni di Gnl. Su questo fronte a rappresentare la competizione maggiore è l’Asia, che importa almeno il triplo di Gnl rispetto al continente europeo. Il conflitto in Medio Oriente, ma anche gli scioperi di settembre negli impianti di liquefazione di Chevron, in Australia, sono segnali d’allarme: ci ricordano che in Europa siamo ancora molto dipendenti da questa risorsa. I prezzi oggi sono più bassi rispetto a quando è cominciata l’invasione russa dell’Ucraina, ma sono comunque ancora a livelli molto più alti rispetto al passato”, continua Laidler.
**Prezzi del petrolio in salita**
Dopo l’attacco di sabato di Hamas, anche i prezzi del petrolio sono saliti del 4% circa, portando il Brent a quota 87 dollari. Nei giorni successivi, però, le quotazioni sembrano essersi assestate sotto i 90 dollari al barile. Una situazione che, per quanto possa contribuire all’aumento dell’inflazione, Laidler non giudica eccessivamente preoccupante: “I mercati tenderanno ad auto-correggersi. Ogni volta che le quotazioni dovessero superare i 90 dollari al barile, il risultato sarà che calerà la domanda: consumatori e aziende hanno diverse alternative energetiche a prezzi inferiori”.
**Possibili ripercussioni sull’inflazione**
Come anticipato, però, gli aumenti di petrolio e gas potrebbero avere delle ricadute sull’andamento dei prezzi, incidendo sulle aspettative dei consumatori. Per Laidler, lo scenario più realistico è quello di una “inflazione mista”: “Da una parte il dato dell’inflazione complessiva risulta in crescita perché è trainato dai prezzi dell’energia. Dall’altra, però, se guardiamo all’inflazione core (cioè, non considerando i prezzi, più volatili, dell’energia) vediamo che i prezzi registrano una discesa”. Questi segnali contraddittori, secondo l’analista, in parte alimentano l’attuale volatilità dei mercati.
**Il Retail Investor Beat**
Secondo l’ultimo Retail Investor Beat, sondaggio condotto su base trimestrale della piattaforma di trading e investimento eToro su un campione di 10 mila investitori retail distribuiti in 13 Paesi nel mondo (di cui mille in Italia), nel terzo trimestre gli investitori italiani hanno posto l’attenzione proprio sui titoli legati all’energia, come Enel (+29% delle posizioni aperte trimestre su trimestre), SolarEdge Technologies (+28%) e Enphase Energy (+19%). Resta da vedere se il conflitto in Medio Oriente influenzerà la volontà degli investitori di aumentare l’esposizione al settore energia in previsione del quarto trimestre.