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giovedì, Gennaio 23, 2025
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Aumento del prezzo del gas: l’Australia ne è responsabile

Il prezzo del gas naturale sta aumentando nuovamente e ciò potrebbe avere ripercussioni sulle bollette a partire da settembre. Inoltre, i vari bonus bollette, come l’azzeramento degli oneri di sistema e la riduzione dell’Iva per il gas, insieme al bonus sociale luce e gas, scadranno il 30 settembre. Nonostante il governo possa decidere di rinnovare alcune di queste misure, mancano i fondi necessari. Nel frattempo, il prezzo del gas continua ad aumentare.

Recentemente, alla borsa di Amsterdam, che determina il prezzo del gas in Europa, il valore ha superato i 45 euro al megawattora, stabilizzandosi poi intorno ai 40 euro. Sebbene siamo lontani dai picchi di febbraio 2022, quando il prezzo raggiunse i 190 euro al megawattora a causa della crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, siamo comunque lontani dai minimi di maggio (24 euro al megawattora). Ma cosa sta succedendo? L’Australia è la causa di questa recente spinta al rialzo.

I lavoratori degli impianti di gas naturale liquefatto (GNL) di Woodside Energy Group e Chevron, che gestisce altri due impianti (Gorgon e Wheatstone), sono pronti a scioperare il 2 settembre se non verrà raggiunto un accordo sulle richieste di aumento delle retribuzioni. Questi tre impianti rappresentano circa il 10% della fornitura mondiale di GNL. Se venissero bloccati, ci sarebbe una sospensione delle forniture che influirebbe sicuramente sul prezzo del gas all’ingrosso e, di conseguenza, sulle nostre bollette.

Innanzitutto, se l’Australia, uno dei principali fornitori mondiali insieme al Qatar e agli Stati Uniti, interrompesse la distribuzione di gas, ci sarebbero sicuramente ripercussioni sul prezzo. La diminuzione dell’offerta porterebbe a un aumento del prezzo del gas liquefatto e alla competizione tra i Paesi che ne hanno bisogno. Molti Paesi si sono rivolti al GNL dopo che la Russia ha smesso di fornire gas naturale all’Europa a causa della guerra in Ucraina. “Se questi scioperi dovessero continuare e il gas australiano venisse tagliato ai consumatori asiatici, vedremmo i consumatori asiatici rivolgersi ad altri fornitori come il Qatar e competere con gli acquirenti europei, con un effetto a catena sui prezzi”, ha spiegato Ben McWilliams, membro del Bruegel (Brussels European and Global Economic Laboratory), alla BBC.

Inoltre, c’è anche il fattore speculativo. L’incertezza nei mercati globali del gas ha spinto gli investitori a fare mosse speculative per trarre vantaggio dalla volatilità dei prezzi. Questa situazione di fluttuazione dei costi favorisce le mosse speculative.

Potremmo chiederci: non avevamo fatto stoccaggio lo scorso anno per essere tranquilli? Attualmente, abbiamo raggiunto livelli record di stoccaggio. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha recentemente annunciato che l’Unione europea ha raggiunto il 90% della sua capacità di stoccaggio, con due mesi di anticipo rispetto all’obiettivo del 1 novembre. Anche l’Italia ha superato il 90%, seguita dalla Germania (oltre il 91%) e dalla Spagna (quasi al 100%). Tuttavia, l’Australia continua a preoccupare. Siamo ora soggetti alla concorrenza globale, molto più di quando eravamo dipendenti dal gas russo. Anche se abbiamo una quantità significativa di gas immagazzinato, dobbiamo competere con Cina e Giappone per ottenere il gas liquefatto di cui abbiamo bisogno. Pertanto, ciò che decideranno i lavoratori e le aziende australiani nelle prossime ore potrebbe riflettersi sulle nostre bollette del gas nei prossimi mesi.

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