Indice dei contenuti:
– Come è cambiato il prezzo del gas dopo l’attacco di Hamas
– Le forniture in Europa sono a rischio?
Centinaia di morti e migliaia di feriti: è questo il tragico bilancio dei combattimenti in corso tra Israele e Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. Ma la guerra non avrà solo ripercussioni umanitarie: a preoccupare l’Europa e il mondo intero sono anche le conseguenze politiche ed economiche. Alla riapertura dopo il fine settimana, i mercati hanno infatti già registrato una partenza estremamente negativa. A volare sono soprattutto i prezzi di gas e petrolio.
Come è cambiato il prezzo del gas dopo l’attacco di Hamas
Alla riapertura delle Borse la mattina di lunedì 9 ottobre, le quotazioni del gas hanno registrato un aumento dell’8,3%: colpa della paura di una guerra tra Hamas e Israele. Il gas ha così raggiunto quota 41,40 euro al megawattora.
L’escalation di violenza fa schizzare anche il prezzo del greggio, che cresce del 5%.
Guadagna invece l’1,5% l’oro – tradizionale bene rifugio – che tocca i 1.850 euro l’oncia.
Le forniture in Europa sono a rischio?
Non nasconde la preoccupazione il ministro delle Imprese Alfonso Urso, intervistato a RaiNews24: “La situazione di emergenza rischia di far esplodere altre problematiche. Mi riferisco a quello dell’energia, come accaduto per la guerra della Russia in Ucraina, per l’approvvigionamento di gas e petrolio. Da quei paesi giungono altre risorse alla nostra Europa. Dobbiamo capire e comprendere anche se dobbiamo pensare all’autonomia strategica del nostro continente per l’approvvigionamento energetico ma non solo”.
A preoccupare non sono le risorse che arrivano direttamente da Israele (da cui l’Italia non importa né gas né petrolio), ma da altre aree che potrebbero essere coinvolte nel conflitto, a partire dall’Iran e dall’Arabia Saudita.
“La situazione è preoccupante, seppure non allarmante come accaduto 50 anni fa quando l’Europa e l’Italia vissero un vero e proprio choc energetico. L’Arabia Saudita che all’epoca decise l’embargo ora è dalla nostra parte. Detto ciò siamo ancora e sempre più dipendenti da gas e dall’energia sia dal Medio Oriente che dal Nord Africa e non va bene” è il commento di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, a La Stampa. “Siamo alle prese con il prezzo del gas balzato a 40 euro al megawattora – continua – abbiamo l’inflazione che non scende e quindi dobbiamo prepararci ad un periodo molto duro”.