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Reggiolo La Direzione distrettuale antimafia di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per 21 imputati coinvolti nell’inchiesta “Sisma” sulla ricostruzione post-terremoto del 2012.
Al centro dell’indagine ci sono Giuseppe Todaro, 36 anni, residente a Reggiolo, nipote dello storico boss cutrese Antonio Dragone, ucciso con raffiche di kalashnikov nel 2004, e il padre il padre Raffaele, 60 anni, nato a Cutro, residente a Peschiera del Garda. Entrambi sono detenuti. È invece libero, con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il guastallese 48enne Enrico Ferretti.
Altri undici imputati sono residenti in provincia di Reggio Emilia.
Dalla richiesta di rinvio a giudizio, alla quale ha fatto seguito la fissazione dell’udienza preliminare per il 4 luglio, emergono nuove accuse a carico degli imputati, che tra l’altro erano inizialmente 17 (dunque se ne sono aggiunti altri quattro).
Le persone coinvolte, tra le quali imprenditori e professionisti, sono ritenute responsabili, a vario titolo, di concussione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intestazione fittizia di società, aggravati per alcuni di loro dalle finalità mafiosa, “per aver agevolato la cosca Dragone di Cutro”.
L’architetto Giuseppe Todaro dal 2014 e fino alla fine del 2021 ha ricoperto l’incarico di Responsabile unico del procedimento presso gli uffici tecnici dei comuni mantovani del cratere sismico. Oltre a questo, ha svolto incarichi in aziende riconducibili alla sua famiglia. I Todaro sono accusati di concussione per aver spinto i cittadini ad affidare i lavori di ricostruzione alla ditta Bondeno srls di cui è titolare Raffaele e socio occulto l’architetto.
I due, inoltre, in collaborazione con Ferretti e altri sono accusati di aver trasferito in modo fittizio a dei prestanome la titolarità di società a loro riconducibili.
Giuseppe Todaro risponde anche di estorsione nei confronti di tre persone, una delle quali residente a Guastalla: le ha minacciate dicendo loro che, se non gli avessero dato una tangente, non avrebbero ricevuto i contributi pubblici. A una delle vittime, residente a Gonzaga, l’architetto arrivò a dire: «Ricordati che io con una telefonata ti faccio sparire tutto quello che hai, vedo che hai una bella casa, il camper…». Il malcapitato gli consegnò subito 500 euro.
A Raffaele Todaro è contestato anche lo svolgimento di attività finanziaria abusiva, in quanto ha erogato prestiti a quattro persone per un valore di 100mila euro, 4000, 35.206 e 65mila.
L’inchiesta ha portato alla luce un sistema di false fatture, che rappresenta il marchio di fabbrica della criminalità cutrese-reggiana (come testimoniano numerose inchieste giudiziarie).
Gli imputati hanno emesso o ricevuto false fatture al fine di evadere l’imposta sui redditi e l’Iva.
Gli undici reggiani coinvolti nell’inchiesta sono Luciano Bellesia, 1964, residente a Reggiolo (risponde di falso in atto pubblico); mentre sono imputati per false fatture Alfonso Durante, 1989, Cast